Stare in disparte, ecco letteralmente che cosa vuol dire il termine che negli ultimi anni sta prendendo piede anche in Italia: Hikikomori.
E’ una parola giapponese che indica quelle persone che, in particolare giovani, si recludono volontariamente in casa.
Nella stesso Giappone si contano quasi un milione di persone che non riescono più ad affrontare il mondo esterno, un mondo che li mette in difficoltà e a disagio.
Anche nel nostro paese questo fenomeno sta dilagando a vista d’occhio, più di 100.000 casi, e colpisce molto spesso gli adolescenti che sono caratterizzati da disagio sociale. Si tratta di ragazzi intelligenti ma introversi, timidi, sensibili e vulnerabili che hanno difficoltà nelle relazioni sociali e/o nell’ambiente scolastico.
La vita assume per loro una connotazione negativa, di pericolo; a tal punto che l’unica soluzione è quella di rifugiarsi nel luogo sicuro della propria casa, spesso davanti ad un computer.
Spesso si associa ad una dipendenza da internet: solo dietro la protezione fisica e virtuale del computer si sentono meno esposti e al sicuro rispetto alle frustrazioni e alle avversità che la vita quotidiana può mettere davanti.
In Italia, dal 2013 è nata la prima associazione nazionale di informazione e supporto sul tema dell’isolamento sociale volontario (hikikomori) fondata da Marco Crepaldi.
L’obiettivo dell’associazione è supportare i ragazzi e i genitori che si trovano ad affrontare questa problematica.
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